«NELLA CASA DEL BUON PASTORE»

Omelia in occasione del I Anniversario dell’Ordinazione episcopale - Basilica Cattedrale
18-03-2024

Ho camminato. Ho camminato per le vie di questa splendida città. Ho camminato per le strade dei nostri meravigliosi comuni e volgendo lo sguardo, catturato da infinito stupore, ho scorto nei vostri occhi, negli occhi di ciascuno di voi, la vita, la passione, la trepidazione e la prosperità, la ricchezza di animo e il sacro profumo del Giardino della Misericordia.

Ho respirato quel profumo di Grazia Divina che il 18 marzo 2023 riempiva di gioia i cuori trepidanti del Popolo Santo di Dio che, nella ritrovata Bellezza di questa nobile e Santa Casa del Signore, era pronto ad accogliere il Suo nuovo Pastore, «per volere dell’Onnipotente, per l’azione santificante della preghiera consacratoria e la potenza umile del Sacro Crisma che tutti ci rende figli dell’unico Padre e, con quanti sono stati scelti da Lui, fratelli nel sacerdozio» (Discorso di ringraziamento, 18 marzo 2023).

Cammin facendo ho lasciato i calzari della mia fragilità e della mia piccolezza, inchinandomi con animo adorante, non solo dinanzi al Dio dei Patriarchi e dei Profeti, degli Apostoli e dei Santi, ma anche dinanzi ai piccoli e agli ultimi, ai ragazzi e ai giovani, dinanzi agli ammalati e alle claustrali, dinanzi agli ospiti della casa circondariale di Noto e dell’hotspot di Pozzallo. A tutti va il mio affettuoso e fraterno saluto e abbraccio.

Ringrazio il Signore per avermi chiamato alla vita e scelto, senza alcun mio merito, ad essere Sacerdote di Cristo e, nella pienezza del Sacramento, apostolo e missionario del Suo Vangelo.

Sono sceso in fretta da quella «stanza al piano superiore» per camminare, fin dal primo giorno, con i fratelli e le sorelle che il Signore mi affidava in questa terra ricca di fede, santità e operosa carità.

Oggi, dinanzi a tutti voi, affido nuovamente il mio Ministero episcopale a Colui che tutto muove e sostiene con la Sua Provvidenza, riempiendo di significazione il pellegrinaggio di ogni anima, perché sia segno visibile, sulla nostra terra, della Sua premura e della Sua materna Misericordia, àncora di salvezza per tutti, per chi professa la fede in Gesù Cristo e per coloro che credono di non meritare il Suo Sguardo amorevole e il Suo perdono.

Il grazie e l’affetto sincero del mio cuore vanno al Santo Padre, Papa Francesco, che ha voluto associarmi al Collegio dei Successori degli Apostoli affidandomi la guida pastorale del Popolo Santo netino. Mentre innalzo la mia preghiera quotidiana al Signore per la Sua salute e per la pace nel mondo, a Lui assicuro la mia filiale obbedienza e la profonda accoglienza del Suo magistero, vangelo di gioia, pace e misericordia.

Ad un anno dalla consacrazione episcopale mi rendo conto, ogni giorno di più, del grande dono che mi ha fatto il Signore. Desidero, così, elevare a Dio il mio canto di lode e di ringraziamento.

Grazie alla Chiesa di Caltanissetta e al Suo Pastore! Chiesa che mi ha donato la vita di fede e il Vangelo del Figlio. Un affettuoso saluto al mio confratello Vescovo e Padre Mons. Mario Russotto per il bene e la stima di sempre. Ai volti di ieri, che custodisco e porto nel cuore, va il mio ringraziamento e il mio affettuoso saluto. Non posso dimenticare il bene ricevuto e il mio spendermi, cosciente dei miei limiti, senza riserva alcuna.

Il fraterno saluto a tutti i confratelli Vescovi delle Chiese di Sicilia con cui condivido il cammino e la passione per il nostro popolo. Grazie a Mons. Giorgio Demetrio Gallaro per la sua grata amicizia e stima. Grazie a Mons. Francesco Lomanto, arcivescovo di Siracusa e Mons. Giuseppe La Placa, vescovo di Ragusa: da quarantacinque anni le nostre strade raccontano di un’amicizia salda ora rafforzata dalla pienezza del sacerdozio a servizio di un angolo meraviglioso della nostra Sicilia.

Con sentimenti di gratitudine e amicizia saluto la Congregazione delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso di Collevalenza e l’Ispettoria di Sicilia della Famiglia Salesiana: grazie per le vostre continue preghiere.

Alla mia famiglia, ai miei parenti e agli amici di sempre. La storia della nostra casa la custodisco nel cuore come spazio di vita sofferta e gioiosa. A tutti i miei cari defunti, ai nonni, agli zii, ai miei genitori Pina e Giovanni che il Signore ha chiamato a Sé: dal Cielo hanno accompagnato sempre i miei passi. Grazie!

Al Signor Sindaco della Città di Noto, Dott. Corrado Figura, assente per importanti impegni istituzionali, al vice sindaco, Dott. Salvo Veneziano, ai Signori Prefetti e Questori delle città di Ragusa e Siracusa, ai Sindaci del circondario siracusano e ragusano, alle autorità civili e militari, ai signori onorevoli, ai religiosi e alle religiose, agli ammalati, ai ragazzi, giovani e famiglie, agli ordini cavallereschi, ai portatori di San Corrado e dei Cilii, alla Corale della Cattedrale, alle aggregazioni, movimenti e gruppi ecclesiali che ho incontrato e con cui ho camminato e pregato nel corso di questo primo anno di episcopato dico: grazie!

Grazie al carissimo Vicario Generale, Mons. Ignazio Petriglieri, per le affettuose e fraterne parole rivoltemi con sincera amicizia e vicinanza sacerdotale. Camminiamo insieme operando per la fede e la santità del nostro popolo.

L’amore e il trasporto che provo per voi, carissimi sacerdoti e diaconi, uniti nel sacerdozio di Cristo, è immenso: ho cercato e cercherò sempre il dialogo mettendomi in un atteggiamento di continuo ascolto, ho condiviso i vostri progetti pensati e realizzati per il bene spirituale del popolo di Dio che vi è stato affidato, ho ammirato il vostro slancio e zelo pastorale e cercato di comprendervi nelle vostre difficoltà e preoccupazioni.

Alla comunità del Seminario Vescovile. Ricordare il Seminario e pregare per la sua vita è cosa giusta e doverosa e, come dodicesimo Pastore di questa Chiesa, ringrazio davvero di cuore tutti coloro che si sono impegnati in questi primi 180 anni della nostra storia: molti sono in Cielo altri in mezzo a noi. Ringrazio gli animatori di oggi e prego affinchè la loro missione si svolga nel migliore dei modi: il rettore e il padre spirituale, il vice rettore, l’economo e gli altri educatori. E, ovviamente, i seminaristi e le loro famiglie che si sono messe coraggiosamente e generosamente in gioco in questa bella avventura; ringrazio le comunità parrocchiali di origine dei seminaristi e quelle in cui prestano servizio pastorale. Un grazie va a tutti coloro che con costanza e fedeltà pregano per il Seminario, per le vocazioni e per i sacerdoti. Il decreto del Concilio Vaticano II Optatam totius sulla formazione sacerdotale afferma che tutta la comunità cristiana deve impegnarsi per promuovere le vocazioni sacerdotali, quindi anche per sostenere la vita del Seminario diocesano.

Ringrazio il Signore per lo sguardo innocente dei bambini, dei ragazzi e dei giovani che ho incontrato e che incontrerò sulla mia strada, il cui stupore ci invita ad osare di più nonostante le difficoltà e gli ostacoli. Grazie alla meravigliosa Chiesa di Noto che sono chiamato ad amare, guidare, servire e portare nel cuore fino alla fine dei miei giorni. A tutti dico il mio «grazie» per il dono che ciascuno e ciascuna di voi è per me. Dinanzi allo sposo della Chiesa che è Cristo, di cui sento di essere intimo amico, dichiaro ancora e sempre la mia disponibilità a «farmi tutto a tutti» affinché insieme si possa incontrare Colui che può veramente rinnovare nella gioia, la vita di ciascuno: Gesù, il Risorto. E perdonatemi se ho mancato in qualcosa!

Come Pastore della Santa Chiesa di Noto, nel mio servizio episcopale, sento la responsabilità di accompagnare tutti, attraverso un serio discernimento, alla comprensione di cosa lo Spirito chieda alla nostra Diocesi, mentre ci prepariamo a vivere il 180 anniversario di fondazione e celebrare la chiusura del Sinodo della Chiesa italiana che abbiamo accolto e vissuto pienamente.

Sento di essere in profonda sintonia con tutto il popolo della nostra chiesa diocesana. Siete splendidi. Sperimento la profondità, la verità e l’intensità dell’espressione che utilizzai presentandomi a voi: «Voglio essere il vescovo di tutti e per questo aiutatemi a fare il Vescovo». Fedele a Cristo Crocifisso e Risorto mi lascerò sempre interpellare e scuotere dalla voce dello Spirito e dai grandi segni che in questi mesi ho visto nascere nei vostri cuori.

Credo che, nella forza della parola profetica di Isaia, si sveli la potenza del volere di Dio e confesso pubblicamente, come Successore degli Apostoli, di tenere fisso lo sguardo su Cristo Gesù Buon Pastore per «fasciare le piaghe dei cuori spezzati…promulgare l’anno di grazia del Signore … per consolare tutti gli afflitti, per dare agli afflitti di Sion una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto» (Is 61, 1-3).

«La carità di Cristo mi spinge» (2 Cor 5, 14) ad andare verso tutti, ad incarnare la cura pastorale intesa non come esercizio di potere ma come servizio d’amore puro, incondizionato e totale.

Nel Volto di Gesù ritroviamo il tratto di un Dio ospitale che apre le braccia ai peccatori e agli smarriti di cuore, che condivide il passo con le fragilità dell’umanità, che si lascia toccare e ferire fino alla morte di croce. Nel Volto del Cristo, testimoniatoci ampiamente dai vangeli, leggiamo i tratti della paternità amorevole di Dio che si fa carne in Maria e nella Chiesa, Corpo Mistico, luogo e spazio di fraterna accoglienza; nel Suo Volto scorgiamo un Dio che annulla le barriere e mostra l’amabilità di un tratto accogliente e aperto. Questo modo di essere di Gesù è anche il fondamento dell’essere e della prassi dei suoi discepoli radunati dallo Spirito nella Chiesa. Non ci potrà essere, nella nostra Chiesa nuova evangelizzazione senza che essa stessa si adoperi affinchè vengano abbattuti alcuni pregiudizi che, a volte, la dipingono come «spazio chiuso e autoreferenziale».

C’è molta incertezza e sofferenza nella giornata terrena dell’uomo e i «sentieri tortuosi» sono affollati da chi ha smarrito il senso della vita. A volte non si sa dove andare, con chi condividere la strada e dove orientare i propri passi. Ma c’è Chi tende la propria mano e va alla ricerca di coloro che si sono fermati dinanzi ai burroni di un’esistenza vuota. «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla» (Sal 23).

Per questo il discepolo è colui che segue il Maestro e si fida completamente di Lui. Dopo aver detto di essere la «porta» della salvezza, Gesù si identifica con «il pastore bello». «Bello» significa Vero, Autentico, Buono. Gesù non è «un», ma «il» pastore modello che si prende cura delle proprie pecore. Si propone come tale perché espone, dispone e depone la propria vita in loro favore. Egli è pastore in quanto agnello immolato e vittorioso che guida il gregge alle fonti dell’acqua di vita (Ap 7,17).

«Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me» (Gv 10,14). Questa è la vita cristiana: conoscere Dio e vivere con Lui. Non ci sono alternative o scorciatoie. E il Vangelo di Cristo torna a ribadire che è possibile stare dalla parte della Grazia e rivestirsi dei sentimenti del Maestro che è pronto a tutto. C’è una conoscenza, un’intimità, un amore reciproco tra pastore e pecore. Lui chiama ciascuna per nome: «Ti ho chiamato per nome; tu mi appartieni […], sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo» (Is 43,1.4).

«E ho altre pecore che non sono di quest’ovile» (Gv 10, 16). L’opera del Cristo è mistero di Redenzione per tutto il genere umano. Il Figlio Gesù ha fratelli non solo nel popolo di Dio, ma dovunque: tutto è stato fatto per mezzo di Lui, luce e vita di ogni uomo. Il Cristianesimo non esclude nessuno. Gesù, mediante la sua croce, ha abbattuto ogni muro di separazione tra gli uomini, per fare di tutti, vicini e lontani, un solo uomo (cf. Ef 2,14-22): il Figlio, mettendo la propria vita a disposizione di tutti gli uomini, ne fa un solo popolo di fratelli, un solo gregge.

È il mistero della Chiesa che vogliamo accogliere ed è lo Spirito che edifica la Chiesa (cfr. 1 Cor 3,16; Ef 2, 22), la vivifica con i suoi doni (cfr. 1 Cor 12, 7-11), la unifica in modo che tutti i credenti siano uno in Cristo (cfr. Gal 3, 28). L’unico Spirito, assimilando ogni cristiano a Cristo, forma l’unico corpo (cfr. Ef 4, 4;1 Cor 12, 8-9; Rm 12, 6-7).

Lo Spirito, principio di comunione del Padre e del Figlio, si fa principio di comunione all’interno stesso della Chiesa. Diventare cristiani significa, allora, diventare comunione, entrare in Dio e in Lui amare tutti. Per questo animata dallo Spirito, la comunità è unificata in tempio vivo spirituale. Alla comunità lo Spirito trasmette il suo tipico sigillo di libertà che, mentre unisce le persone, le distingue nella varietà dei doni che ciascuno riceve e partecipa.

Amarsi l’un l’altro in Cristo, con la sua stessa misura, è vivere l’amore trinitario sulla terra, innestati, ciascuno e insieme, nella vita d’amore di Dio stesso: l’amore reciproco è, dunque, la vita trinitaria partecipata agli uomini.

La nostra Chiesa deve essere capace di incidere sulla realtà sociale. Le comunità si diranno veramente cristiane solo se disposte a servire il Regno di Dio con le parole dell’annuncio ma soprattutto con la stessa comunione che anima la vita di coloro che sono impegnati a scrivere pagine di cristianesimo evangelico. La sfida urgente riguarda la costruzione di nuovi modelli educativi che dicano misericordia e favoriscano la nascita della civiltà dell’amore.

La Chiesa esiste solo come strumento per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio. Se non svolge questa funzione, ogni iniziativa ecclesiale finirà per ostacolare e tradire la missione affidata da Cristo agli Apostoli e ai loro Successori.

Papa Francesco ci ricorda che «la Chiesa non è soltanto per i buoni o per quelli che sembrano buoni o si credono buoni; la Chiesa è per tutti, e anche preferibilmente per i cattivi, perché la Chiesa è misericordia. E questo tempo di grazia e di misericordia ci fa ricordare che nulla ci può separare dall’amore di Cristo! (cfr. Rm 8, 39). A chi è inchiodato su un letto di ospedale, a chi vive chiuso in una prigione, a quanti sono intrappolati dalle guerre, io dico: guardate il Crocifisso; Dio è con voi, rimane con voi sulla croce e a tutti si offre come Salvatore a tutti noi. A voi che soffrite tanto dico, Gesù è crocifisso per voi, per noi, per tutti. Lasciate che la forza del Vangelo penetri nel vostro cuore e vi consoli, vi dia speranza e l’intima certezza che nessuno è escluso dal suo perdono» (Francesco, 28 settembre 2016).

Cristo, Buon Pastore illumini il mio cammino e mi faccia comprendere che l’arte del discepolato è la via indispensabile per vivere uniti a Colui che si è speso per amore. La pienezza del sacerdozio è pienezza di amore oblativo che tutto crede, spera e ama.

Dinanzi a voi, carissimi fratelli e sorelle, faccio la mia professione di «fede nella Chiesa». Io, Padre Vescovo Salvatore, credo la Chiesa discepola della Parola. Questo è il tempo in cui la crisi di fede attraversa la vita di molti. Sentiamo il bisogno di metterci in ascolto di Cristo Maestro e di lasciarci plasmare, con umiltà e vera obbedienza, dalla potenza della Sua Parola. La nostra missione è legata fondamentalmente alla predicazione del Vangelo. Con il cuore colmo di gioia, dobbiamo trovare il coraggio di partire, di lasciare le nostre sicurezze e vivere la stagione della missione senza paure o remore. La gioia evangelica è la condizione principale di ogni stagione missionaria e viene donata solamente attraverso l’incontro con Gesù Cristo, il Signore annunciato soprattutto dalla testimonianza di vite trasformate dalla gioia del Vangelo. In Lui possiamo sperimentare la presenza liberatrice, gioiosa e salvifica di Dio che dà a ciascun uomo la possibilità di ricominciare nuovamente dopo essere caduto nella morsa del peccato. Egli è pienezza di vita. E voi volete crederlo insieme a me?

Carissimi fratelli e sorelle, qui dinanzi a voi faccio la mia professione di fede nella Chiesa, «luogo di speranza». Io, Padre Vescovo Salvatore, spero in una Chiesa che si riconosce nella «fractio Panis». La comunità è Chiesa perché vive della Parola e si nutre dell’Eucaristia, celebrando concordemente e con gioia la quotidianità della preghiera. La frazione del Pane è memoriale della Cena del Signore. Perché una Comunità possa veramente essere Chiesa deve vivere dell’Eucaristia, consapevole che «quando tu, cristiano, ti nutri dell’Eucaristia, diventi ciò che mangi!» (Leone Magno). I Santi Padri affermano che l’Eucaristia cristifica il credente e la comunità. Nutrirsi dell’Eucaristia è lasciarsi trasformare da Essa in rendimento di grazie. E voi volete sperarlo insieme a me?

Carissimi fratelli e sorelle, qui dinanzi a voi faccio la mia professione di fede nella Chiesa, «fonte di vero amore». Io, Padre Vescovo Salvatore, amo la Chiesa tutta e la Chiesa che è in Noto, mia sposa…presenza viva di Carità. La Chiesa, Corpo mistico di Cristo, nasce dalla Misericordia di Dio che orienta e qualifica in senso evangelico l’annuncio, la vita di grazia, la scelta della povertà e il servizio ai poveri. La Chiesa nei secoli si è sempre fatta strumento di annuncio, di preghiera e di liberazione, di inclusione e promozione dei poveri, degli ultimi e degli indifesi. La Chiesa di Cristo vuol essere riconosciuta, prima che per ogni altro aspetto, come la casa della misericordia che, nel dialogo tra la debolezza degli uomini e la pazienza amorevole di Dio, accompagna e aiuta ad accogliere la «buona notizia» della grande speranza cristiana. Chi entrerà in questa casa e si lascerà avvolgere dalla Misericordia di Dio, oltre a non sentirsi solo e abbandonato a se stesso, scoprirà in cosa consiste il senso di un’esistenza piena, illuminata dalla fede e dall’amore del Dio vivente: il Cristo morto, risorto e sempre presente nella sua Chiesa. E voi volete essere vangelo d’amore insieme a me?

«Misericordia eius in aeternum». La Chiesa di Noto diventi «profezia di Misericordia». Una comunità in cammino, guidata dalla forza dello Spirito Santo, diventa profezia e testimonianza di misericordia. Chi Lo incontra e rimane con Lui impara e accoglie come dono l’esercizio profondo dell’amore: avverte, in primo luogo, la necessità del perdono e della riconciliazione, della fraternità e dell’amore ed è chiamato ad essere nel mondo un testimone gioioso della Misericordia di Dio. Non solo per manifestare sentimenti di «tenerezza, compassione e vicinanza» con quanti vivono situazioni di sofferenza fisica o morale, ma per entrare profondamente nella loro realtà di persone, con tutta la tenerezza e la solidarietà di chi si prende carico fino in fondo delle sofferenze e delle difficoltà degli altri, portando consolazione, speranza e il coraggio di perseverare nel cammino del Signore e della vita.

 Con grande coraggio e spirito di vero rinnovamento sinodale dobbiamo tornare a rileggere con sapienza e senso critico il magistero sociale e culturale dei miei illustri predecessori, in modo particolare di Mons. Giovanni Blandini, Mons Giuseppe Vizzini e Mons. Salvatore Nicolosi, uomini illuminati che hanno amato e governato la Chiesa netina con abnegazione, umiltà e intelligenza pastorale cogliendo le sfide e le urgenze del loro tempo.

A partire da oggi e dai prossimi mesi, mentre arriva il tempo di grazia del 180° anniversario della fondazione della Diocesi, del Giubileo della Chiesa universale e della chiusura del Sinodo della chiesa italiana, lavoriamo insieme per appuntare e progettare nuovi percorsi che diano forza e credibilità alla presenza della nostra Chiesa nel sociale, lavoriamo per mettere in rete associazioni e istituzioni che sappiano incarnare il vangelo della carità nella storia di ogni giorno senza ostacoli o logiche di vedute parziali che escludono la presenza di altre agenzie che operano nel territorio. Mi impegnerò in prima persona perché in ogni Comune della nostra amata Chiesa nascano segni concreti di carità, luoghi di accoglienza dei nostri fratelli bisognosi e senza fissa dimora, rifioriscano spazi pastorali, oratori e oasi di cultura dove i ragazzi e i giovani non siano i destinatari della nostra missione ma protagonisti della loro fede in una Chiesa dal volto giovane e pieno di speranza.

Affido il mio ministero pastorale alla protezione di Maria Santissima, Scala del Paradiso, a San Corrado e a San Guglielmo, a San Michele arcangelo e a Santa Rosalia, a San Giovanni Bosco e a San Giovanni Paolo II, alla Beata Madre Speranza di Gesù, ai carissimi Giorgio La Pira e Nino Baglieri. Il prossimo 5 maggio nella Chiesa Madre di San Pietro a Modica chiuderemo la fase diocesana del processo di canonizzazione di Nino Baglieri. Ringrazio tutti coloro che in questi anni si sono adoperati, con tanto sacrificio, ad ascoltare testimoni, raccogliere documenti e preparato relazioni.

Attendiamo con speranzosa fiducia, come popolo di Dio, la conclusione del Sinodo per ritrovarci su linee pastorali comuni che ci aiutino a crescere nell’unità ma nel rispetto dei diversi carismi e doni che il Signore elargisce a piene mani.

Come i discepoli riuniti con Maria nel Cenacolo di Gerusalemme, spinti dalla forza dello Spirito, usciamo per dire Dio a tutti, per dire che il Vangelo è libertà, amore e semplicità. Annunciamo con la vita che «la misericordia di Dio è eterna». Pregate per me. Sia lodato Gesù Cristo.