NOTTE DI LUCE E DI PACE

Veglia Pasquale nella Notte Santa - Basilica - Cattedrale San Nicolò
30-03-2024

Non possiamo, carissimi fratelli e sorelle, contemplare la bellezza di questa santa e solenne liturgia senza ricordare la situazione drammatica del tempo in cui viviamo: sarebbe come rimanere sul Golgota inchiodati sulla croce del non-senso e di un dolore senza fine.

Il mistero pasquale coinvolge le guerre in corso, ingloba ogni doloroso evento bellico. Tante persone nel mondo invocano ardentemente la pace. Per chi, come noi, ha il dono della fede, l’unica via possibile per uscire da questo doloroso segmento di storia senza pace è la forza infallibile della preghiera. La Pasqua del Signore getta luce su questo orizzonte oscuro: ci obbliga a guardare in alto e a non perdere la speranza!

Ancora una volta, la feroce violenza, con tutti i suoi strumenti di morte, vorrebbe presentarsi come il mezzo più idoneo per risolvere i diversi conflitti.

Il nostro camminare al buio, nella nostra Chiesa Cattedrale, ha voluto esprimere, nella ricchezza della simbolica liturgica, la triste situazione che l’umanità oggi sta attraversando. È la notte del cuore trafitto dal dolore, che cerca disperatamente vie di salvezza, sapendo già che, da soli, non riusciremmo mai a trovarle e a gestirle.

Ma ecco che, nella nostra cattedrale, tutta oscura, una fiammella è avanzata, si è fatta strada nel buio, senza far rumore: è la luce del Cero pasquale, la luce di Cristo. Il Risorto viene di nuovo a noi, irrompe ancora oggi, «per illuminare quanti stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte» (Lc 1, 79). Il Signore Gesù, crocifisso e risorto, si è offerto di nuovo, senza imporsi, come l’unica via di vita e di salvezza.

Viene a dissipare le nostre drammatiche oscurità, annulla il male che vorrebbe stravincere attraverso le chiusure, gli egoismi, l’odio fratricida, le molteplici forme di violenza. Il Risorto ci conduce a nuova vita, redenta dalla morte in croce del Signore.

E noi tutti, convocati a vegliare in questa notte santa, siamo stati attratti dalla sua luce radiosa. L’accensione dei ceri ha coinvolto tutta questa santa assemblea, fino a raggiungere una pienezza di luce. Siamo un popolo che si lascia attrarre e guidare dalla luce di Cristo, colui che ci libera dal male, dal peccato e dalla morte. È la notte santa del Signore, che era morto, ma ora vive, la notte in cui Cristo «dissipa l’odio, piega la durezza dei cuori, promuove la concordia e la pace» (Exultet).

Le letture della Parola di Dio, proclamate questa sera, sono come un lungo “filo rosso” che attraversa tutta la storia della salvezza.  Sono la narrazione di una storia di liberazione con cui Dio si prende cura del suo popolo, nonostante le sue infedeltà. Esprimono la testimonianza grata del popolo di Dio, che si è lasciato soccorrere e salvare dal suo Dio. Letture che hanno una risonanza particolare perché presentano l’esperienza pasquale già pregustata da lontano, dentro un disegno universale di salvezza, in cui Dio agisce per la salvezza del mondo intero.

Tra le letture del Primo Testamento, la traversata del mar Rosso, raccontato nel libro dell’Esodo, ci ha fatto rivivere il passaggio vittorioso di Dio e del suo popolo attraverso le acque della morte e la sconfitta delle forze di schiavitù, simboleggiate dagli egiziani. Tutto ciò non è che una prefigurazione del Battesimo che ci rende partecipi della morte e della risurrezione di Cristo. Facendo memoria del nostro Battesimo, ognuno di noi è richiamato a prendere coscienza che con la propria immersione nelle acque, il fonte battesimale, invece che tomba, è diventata luogo dell’incontro con il Signore e inizio di una vita nuova.

Rinati come figli di Dio, siamo rivestiti della potenza dello Spirito diventando membra vive del corpo di Cristo.

Questa sera diversi fratelli e sorelle delle Comunità Parrocchiali di San Paolo in Pozzallo e di San Giuseppe in Pachino si presentano alla Santa Madre Chiesa nella persona del Vescovo per celebrare una tappa significativa del loro cammino di fede. Grazie Padre Michele Jacono e Padre Sebastiano per la vostra testimonianza di vita sacerdotale intensa e autentica.

Avete camminato, carissimi fratelli e sorelle, come Abramo e vi siete appoggiati alla Fede nella promessa che Dio ha fatto ad ognuno di voi quando vi ha chiamati attraverso un annuncio kerygmatico che ha suscitato nei vostri animi il desiderio della conversione.

Lungo il cammino di riscoperta del catecumenato avete accolto l’uomo nuovo descritto nel discorso della montagna, l’uomo che accoglie il vangelo del perdono e della misericordia.

Le vesti bianche che indossate, che vi sono state consegnate in un apposito rito prima di essere introdotti in questa solenne Eucaristia narrano, nel loro candore, il segno di una nuova consapevolezza della vostra fede.

Oggi questi fratelli concludono il loro cammino ma non cessa la tensione continua alla conversione. Infatti, come si legge nello statuto del Cammino neocatecumenale, la comunità, dopo avere compiuto tutto l’itinerario di riscoperta dell’iniziazione cristiana, entra in un processo di educazione permanente alla fede, perseverando nella celebrazione settimanale della Parola di Dio, dell’Eucaristia domenicale e nella comunione fraterna.

Inoltre vivranno questa nuova fase con l’inserimento attivo nella pastorale delle loro comunità parrocchiali affinché siano offerti i segni dell’amore e dell’unità che chiamano l’uomo contemporaneo alla fede.

Questi fratelli e sorelle sono qui a testimoniare che, alla fine del neocatecumenato, non hanno la presunzione di avere raggiunto la perfezione ma che vivranno nella tensione di raggiungerla come ci ha indicato il Signore, consapevoli della fragilità ma coscienti e grati a Lui che non disdegna di mettere il suo tesoro in noi che siamo e saremo sempre vasi di creta, bisognosi della sua grazia e della sua misericordia.

Solo chi respira già la vita del Regno di Dio può avvicinarsi e conoscere più da vicino il pensiero di Dio, cogliere il suo modo di agire, fino a giungere a credere nella risurrezione di Gesù, potenza dell’amore del Padre, premio supremo per la donazione totale del Figlio di Dio, risposta al suo amore sconfinato per l’uomo e nella fiducia più totale per Lui.

Le donne giunte al sepolcro con olii e aromi, il mattino di Pasqua, per ripulire il corpo esanime di Gesù, trovando la tomba vuota, non sono giunte immediatamente a credere nella risurrezione del Signore. Non basta il sepolcro vuoto, infatti, per giungere alla fede. Queste donne hanno dapprima accolto con timore lo sbalorditivo messaggio: «Perché cercate tra i morti Colui che è vivo?» Lc 24,5). Esse sono state invitate innanzitutto a ricordare, cioè a «ritornare col cuore» a Lui, agli annunci della passione e risurrezione, per giungere a scoprire la presenza di Gesù risorto negli avvenimenti attuali. Sebbene ancora scettiche per questo annuncio, le donne, a cui la tradizione ebraica negava loro la capacità giuridica della testimonianza, ricevono il messaggio della risurrezione di Gesù che esse faranno pervenire agli Undici.

Pasqua, significa, ricercare la presenza del Risorto nel tessuto della nostra vita quotidiana e in quella dei fratelli; vuol dire scoprire il Cristo risorto nella bellezza della conversione, nell’impegno di servizio e di dedizione per amore.

Celebriamo la vera Pasqua nella pazienza della croce, nel dolore, nella malattia, nel gesto di perdono per una grave offesa ricevuta e in tutte le mille occasioni di grazia dove il Risorto è presente ed operante.

Noi non amiamo perché siamo in vita, ma esistiamo veramente solo perché amati da Lui con un amore più forte della morte, perché resi capaci di amare in Lui ogni creatura, ogni fratello e sorella in umanità. «Siamo un pensiero di Dio, un palpito del Suo cuore» (San Giovanni Paolo II).

La risurrezione impone di «andare ad annunciare». Chi incontra veramente Cristo si sente spinto alla missione, senza esitazione alcuna. La legge della Pasqua impone ai cristiani del nuovo millennio l’ansia della missionarietà, lo stupore e la meraviglia per la vita degli altri, il sapersi figli dello stesso Padre. Questa è l’ora della missione. Non possiamo tenere per noi la ricchezza e la forza della Buona notizia che abbiamo ricevuto. Dobbiamo tornare ad annunciare il Vangelo di Gesù perché illumini le menti, dobbiamo far sì che il Vangelo torni a riscaldare i cuori, a regnare nelle famiglie, luogo di dialogo, condivisione e speranza. L’uomo ha bisogno di Dio. Voi avete un compito fondamentale: portare il fuoco del Vangelo nel cuore di ogni uomo.

Oggi più che mai c’è urgenza di questa dimensione missionaria della fede: quella di un annuncio forte e convinto, testimoniato con le parole e, ancora di più, con la vita e con le opere.

Un «andare» che non può intendersi solo come fatto geografico ma interiore, spirituale. Un andare che nasce dal bisogno di dare agli altri, di porgere loro un dono, di incoraggiarli a camminare verso il Cristo risorto. Ma per andare, come per Abramo, è necessario, lasciare, liberarsi da tutto ciò che ci impedisce la totale adesione al Cristo.

Buona Pasqua a tutti!