«RITORNIAMO A DIO CON TUTTO IL CUORE»

Omelia in occasione del Mercoledì delle Ceneri - Basilica Cattedrale
14-02-2024

Cari fratelli e sorelle,

carissimi confratelli nel sacerdozio di Cristo, Redentore del mondo, carissimi religiosi e religiose, carissimi ragazzi e giovani del Gruppo Scout Noto 1, carissimi portatori di San Corrado e dei cilii, oggi, Mercoledì delle Ceneri, iniziamo un nuovo cammino quaresimale, una strada che, dopo quaranta giorni di preghiera, silenzio e carità operosa, ci condurrà alla gioia della Pasqua del Signore e alla vittoria della Vita sulla morte.

La Quaresima ci ricorda il senso vero della vita, ci insegna che, dall’incontro con il mistero Pasquale di Cristo, l’uomo torna a vivere, abbandona il peccato per rinascere a vita nuova. Chiniamo il capo e facciamo penitenza vera.

Camminiamo seguendo le tappe e i segni di questo tempo di grazia per accedere devotamente al Giardino fiorito della Misericordia di Dio dove il Crocifisso Ferito e Risorto ci svela che la morte di croce esprime la Sua incondizionata dedizione alla volontà di Dio Padre che continua ad amare l’uomo nonostante le sue infedeltà.

La morte di Gesù si spiega solo nel mistero della follia di un Amore Divino che ama oltre l’impensabile, dell’Amore che giunge a rivelarsi come «misericordia», dono d’incondizionato Amore «dentro» le nostre miserie.

Quante lacerazioni scuotono il cuore e la vita degli uomini! Il dolore del Figlio di Dio si fa simbolo e cifra del dramma dell’uomo contemporaneo attraversato da un profondo disagio ma chiamato a risollevare il proprio sguardo per incrociare il volto del nuovo Adamo, «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45, 3).

Da sempre la Sua Croce si innalza tra le innumerevoli e incomprensibili croci che si ergono lungo i sentieri della storia. La Sua Croce svetta tra le nostre per dirci che è sempre presente in mezzo a noi come Amore infinito. Il Figlio di Dio è solidale con l’uomo. Soffre per noi. E la Croce è la manifestazione infinita del Suo Amore e della Sua Gloria.

Il cammino doloroso e straziante di Cristo è l’icona del dolore del mondo, del dolore innocente e continuo che si consuma ogni giorno in ogni angolo del mondo.

Le Letture che sono state proclamate ci offrono spunti che, in questa Quaresima, con la grazia di Dio, siamo chiamati a far diventare atteggiamenti e comportamenti concreti.

La Chiesa ci ripropone, anzitutto, il forte richiamo che il profeta Gioele rivolge al Popolo di Israele: «Così dice il Signore: ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti» (2,12).

Ci chiediamo: com’è possibile fare ritorno a Dio? Siamo capaci di ritrovare la strada che ci conduce a Lui? O siamo in cerca di altre soluzioni! C’è una forza che non risiede nel nostro cuore, ma che si sprigiona dal cuore stesso di Dio: è la forza della Sua Misericordia. Dice ancora il profeta: «Ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male» (v.13).

Il tempo del «ritorno a Dio» diventa realtà concreta nella nostra vita solo quando l’immensa grazia del Signore penetra nell’intimo e lo scuote donando a tutti la forza di «lacerare il cuore». È, infatti, ancora il profeta a far risuonare da parte di Dio queste parole: «Laceratevi il cuore e non le vesti» (v.13).

Anche ai nostri giorni, molti sono pronti a «stracciarsi le vesti» di fronte a scandali e ingiustizie – naturalmente commessi da altri -, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio «cuore», sulla propria «coscienza» e sulle proprie «intenzioni», lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta.

Quel «ritornate a me con tutto il cuore» è un richiamo che coinvolge non solo ciascuno di noi, ma tutta la comunità. Abbiamo ascoltato sempre nella prima Lettura: «Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo» (vv.15-16).

La vita comunitaria è un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana. Cristo è venuto «per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (cfr. Gv 11,52). Il «Noi» della Chiesa è la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme (cfr. Gv 12,32): la fede è necessariamente ecclesiale.

È importante ricordarlo e viverlo in questo tempo in cui si va verso un forte «soggettivismo religioso». Il fenomeno del «credere senza appartenere» è in espansione – anche nelle nostre comunità – con una credenza che assume sempre più l’aspetto della «religiosità soggettiva» segnata dalla mescolanza di molte credenze spesso associate a dimostrazione di un crescente analfabetismo religioso di fondo. Esiste il «mio Dio» che non coincide con quello degli altri!

Ognuno sia consapevole che il cammino di fede non lo si vive da soli, ma insieme a tanti fratelli e sorelle: questa è la Chiesa. Questo è il suo volto.

Il profeta, infine, si sofferma sulla preghiera dei sacerdoti, i quali, con le lacrime agli occhi, si rivolgono a Dio dicendo: «Non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti. Perché si dovrebbe dire fra i popoli: “Dov’è il loro Dio?”» (v.17).

Tale preghiera ci fa riflettere sulla necessità di testimoniare la fede e manifestare il volto della Chiesa, anche se deturpato da mille peccati e fragilità.

Vivere la Quaresima in una più intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando individualismi autoreferenziali e rivalità, è un segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede o indifferenti.

«Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2 Cor 6,2). Le parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto risuonano anche per noi con un’urgenza che non ammette assenze o inerzie. Il termine «ora», ripetuto più volte, dice che questo momento non può sfuggire: esso viene offerto a noi come un’occasione unica e irripetibile.

Lo sguardo dell’Apostolo si concentra sulla condivisione con cui Cristo ha voluto caratterizzare la sua esistenza, assumendo tutto l’umano fino a farsi carico dello stesso peccato degli uomini. La parola di san Paolo è molto forte: Dio «lo fece peccato in nostro favore».

Gesù, l’innocente, il Santo, «Colui che non aveva conosciuto peccato» (2 Cor 5,21), si fa carico del peso del peccato condividendone con l’umanità l’esito della morte e della morte di croce. La riconciliazione che ci viene offerta ha avuto un prezzo altissimo, quello della croce innalzata sul Golgota, su cui è stato appeso il Figlio di Dio fatto uomo. In questa immersione di Dio nella sofferenza umana e nell’abisso del male sta la radice della nostra giustificazione.

Il «ritornare a Dio con tutto il cuore» nel nostro cammino quaresimale passa attraverso la Croce: seguiamo Cristo sulla strada che conduce al Calvario, al dono totale di sé. Impariamo ogni giorno ad uscire sempre più dal nostro egoismo e dalle nostre chiusure per fare spazio a Dio che apre e trasforma il cuore. Il nostro cammino quaresimale sia caratterizzato da un ascolto più attento e assiduo della Parola di Dio, luce che illumina i nostri passi.

Nella pagina del Vangelo di Matteo, che appartiene al cosiddetto Discorso della montagna, Gesù fa riferimento a tre pratiche fondamentali previste dalla Legge mosaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno; sono anche indicazioni tradizionali del cammino penitenziale per rispondere all’invito di «ritornare a Dio con tutto il cuore».

Gesù sottolinea come sia la qualità del rapporto con Dio ciò che qualifica l’autenticità di ogni gesto religioso. Per questo Egli denuncia l’ipocrisia religiosa, il comportamento rivestito di apparenze, gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione.

Il vero discepolo non serve se stesso o il «pubblico», ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità: «E il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,4.6.18). Ricerchiamo la Sua ricompensa e non quella degli uomini.

I quattro vangeli raccontano la vita del Cristo, le sue opere, i prodigi, i passi della tenerezza di Dio e della Sua pace. E la Comunità degli Apostoli si ritrova a fuggire dinanzi all’orrore della croce, dinanzi al cammino che condusse Gesù «fuori dalla Città».

Questo tempo insegni a tutti che è possibile raggiungere la Resurrezione, l’alba di un nuovo giorno. Passano i giorni e si consumano gli eventi, ma il cuore dell’uomo è ancora bisognoso di salvezza e di amore. L’ uomo avverte l’anelito verso l’Assoluto, verso il Cielo. Bisogna uscire, allora, come Gesù «fuori dalla Città».

Dobbiamo camminare seguendo l’esempio del Cristo che soffre e muore per la nostra salvezza. La Croce è la scala che conduce fuori. E per «vivere dentro» bisogna «uscire fuori».

Prendiamo la croce e seguiamo l’Uomo dei dolori. Parteciperemo della sua sofferenza e della sua gloria. Non ci sono altre vie, altre indicazioni. Per noi cristiani, il «vangelo superiore della sofferenza» – lo affermava San Giovanni Paolo II – costituisce il fondamento della salvezza.

La via della croce è via dolorosa e di patimenti, ma finestra spalancata sulla felicità, sulla vita e sul Paradiso. Per tutte le croci del mondo, per tutti i dolori, per tutte le incomprensioni c’è sempre lo spiraglio e la visione di un sepolcro vuoto, quello del Cristo. E quante croci oggi svettano sui cuori degli uomini, sui nostri cuori. Quanti sepolcri attendono l’alba della resurrezione.

Nell’albero della croce, tutti colgono la sorgente di ogni progetto e di ogni pensiero di bontà e carità. Sulla Croce c’è la Parola fattasi carne.

In un mondo che rifiuta e allontana la logica della croce da ogni tentativo di costruire saldamente la città, il vangelo continua a ricordare a tutti noi che, solo nella Parola di Dio potente e unica, l’uomo trova la propria identità e la forza per crescere nella fede.

La vera umanità nasce ai piedi della Croce: unica Parola del Padre. Fuori dal Vangelo, solo chiacchiere…inutili e sterili. Chiacchiere e soltanto chiacchiere.

Cari fratelli e sorelle, iniziamo fiduciosi e gioiosi l’itinerario quaresimale. Risuoni forte in noi l’invito alla conversione, a «ritornare a Dio con tutto il cuore», accogliendo la sua grazia che ci fa uomini nuovi, con quella sorprendente novità che è partecipazione alla vita stessa di Gesù. Nessuno di noi, dunque, sia sordo a questo appello, che ci viene rivolto anche nell’austero rito, così semplice e insieme così suggestivo, dell’imposizione delle ceneri, che tra poco compiremo.

Ci accompagnino in questo tempo la Vergine Maria, Scala del Paradiso e San Corrado Confalonieri, modello di ogni autentico discepolo del Signore. Amen!