«NOI SIAMO NEL CUORE DI DIO»
Omelia nella Santa Messa per la riapertura della Chiesa del Santissimo Crocifisso
09-05-2023
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Carissimi fratelli e sorelle,
oggi, la Chiesa, celebra la festa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo e, celebrare la solennità di due apostoli ci permette di tornare alle radici della fede, di fissare lo sguardo sulla concretezza evangelica della fede. E come Chiesa in cammino siamo chiamati a tornare alle sorgenti della grazia, a contemplare ciò che ci rende umanità trasfigurata.
Il Vangelo odierno, ci conduce nel mezzo del discorso di addio di Gesù ai discepoli, prima di essere innalzato nella Sua morte in croce ed esaltato con la Sua resurrezione…
Come discepoli del Signore ci ritroviamo nella nostra Chiesa Madre a celebrare il mistero di Dio, Buon Pastore che visita il Suo popolo, il Suo gregge. E qui, dove il 5 giugno 1966 sono diventato cristiano, con voi dico grazie al Signore che mi ha chiamato ad essere Successore degli apostoli, a guidare, amare e servire la Sua Chiesa che vive a Noto.
Al tempo di Gesù i pastori erano presenti ovunque in Palestina e li si incontrava nelle campagne e nelle città, nelle pianure e sui monti. Ovunque. A Betlemme, in quel primo Santo Natale della storia, furono i primi ad accorrere, i primi a prestare soccorso a quella giovane coppia che, tra mille difficoltà e tanta indifferenza, stava per presentare al mondo l’Autore della vita, il Bambinello Gesù.
Nella Bibbia la figura del pastore è molto presente. Un’immagine ordinaria e feriale. Dio, il Signore, è chiamato e riconosciuto come «Pastore d’Israele» (Sal 80,2), il suo popolo è detto «suo gregge» (cfr. Sal 78,52; 95,7; 100,3), e le pecore sono la sua proprietà…
Carissimi fratelli e sorelle,
siamo stravolti forse dal pensiero che Dio possa essere lontano dalle nostre sofferenze e dalle nostre richieste. Che a Dio non interessi la nostra povera giornata. Ancora di più, troppo spesso ci rifiutiamo di credere all’amore misericordioso e premuroso che Dio ha per ciascuno di noi. Nascondendosi nell’Eucaristia, Dio dimostra l’incredibile distanza che è disposto a percorrere per soddisfare la nostra sete e la nostra fame. Si fa piccolo, infinitamente piccolo per renderci grandi, figli, per farci simili a Lui.
Cosa cerchiamo, chi cerchiamo, dove andiamo? Di cosa abbiamo fame? Chiediamoci se abbiamo fame di vita eterna. La fame e la sete non sono altro che un pallido riflesso di un profondo desiderio che ogni uomo ha davanti alla vita divina che solamente Cristo può offrirci. «Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 6,40). E cosa dobbiamo fare per ottenere questa vita eterna cosi desiderata? Forse un atto eroico? No! Un qualcosa di molto più semplice, per cui Gesù ci dice: «colui che viene a me, io non lo respingerò» (Gv 6,37). Noi solamente dobbiamo accorrere a Lui, andare al Suo incontro…
Carissimi fratelli e sorelle,
siamo sempre alla ricerca di qualcosa che ci soddisfi, che dia un senso alla nostra vita e al nostro camminare su questa terra. Camminiamo alla ricerca di segni che possano riempire di significati veri la nostra povera e fragile esistenza. Come l’antica folla ci accontentiamo di mangiare il pane senza andare oltre, senza ricorrere a quel Pane che rimane per sempre, che dura per la vita eterna.
Con il brano evangelico appena proclamato ha inizio la spiegazione dell’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Subito dopo il miracolo, Gesù e le folle prendono le distanze: il Maestro considerava gli uomini già pronti a capire il mistero del Regno di Dio, la folla, invece, aveva un solo obiettivo: voleva soltanto proclamarlo re. La folla lo vedeva come uno che avrebbe sconfitto i governanti e avrebbe portato benefici e libertà…
Carissimi fratelli e sorelle,
Gesù è il pane di vita eterna, il pane vivo disceso dal Cielo, il pane offerto a chi Lo riconosce Signore e Dio. Questo è il mistero che celebriamo in ogni Eucarestia. In ogni altare del mondo!
Il Vangelo di oggi ci presenta uno degli eventi più noti della vita di Gesù: la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Un miracolo che è rimasto impresso con grande forza nella memoria e nel cuore dei discepoli e delle folle. Esso, infatti, viene riportato in tutti i Vangeli.
Di fronte alla moltitudine che lo segue per il Suo insegnamento e per le guarigioni che compie, affascinati dalla Sua Persona, Gesù alza lo sguardo, è attento alla loro fame materiale e spirituale.
La compassione e l’attenzione che Egli pone su quella gente, ci rivelano la premura generosa di Dio. L’evangelista Giovanni, in apertura del brano che abbiamo ascoltato, dice che la folla seguiva il Maestro perché vedeva i segni che Lui faceva sugli ammalati…
«Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti, ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra» (Gv 3,31). In queste parole troviamo la solenne conclusione del dialogo amichevole e intenso tra Gesù e Nicodemo che la liturgia ci ha proposto in questi giorni.
Fin dalle prime parole Gesù invita il capo dei farisei ad alzare lo sguardo, a contemplare le cose del cielo: chi non rinasce dall’alto non può capire le Sue Parole né può entrare nel Regno che Dio vuole attuare.
Il vangelo ci dice chi non accoglie in semplicità lo Spirito di Dio non può riconoscere Gesù come Colui che discende dal Cielo, è lo Spirito che ci fa conoscere Gesù, il testimone fedele di Dio. Gesù vive nella carne, entra nella storia del mondo, nella storia di tutti noi, storia fatta di gioie e di dolori e diventa uno di noi in tutto tranne che nel peccato, ma non appartiene alla terra, né viene dalla terra: è un frammento di Cielo donato all’umanità, Lui ha portato sulla terra l’aria del Paradiso. Lui, il cuore del Paradiso che dà vita ad un’umanità ferita dal peccato…
Carissimi fratelli e sorelle,
«Dio ha talmente amato il mondo da mandare suo Figlio a salvare il mondo». Queste parole di Gesù accolte da Nicodemo, capo dei farisei, e riconsegnate ai discepoli, diventano la chiave indispensabile per capire il progetto di Dio sull’umanità intera. Ci dice dell’amore folle del Signore per ciascuno di noi.
Il nostro Dio ama e salva, ha perso la testa per noi che siamo figli suoi, vuole la nostra felicità e santità più di quanto noi stessi desiderariamo. È proprio vero: dobbiamo abbandonare l’idea di un Dio severo pronto a castigarci. Gesù ha dimostrato con la sua predicazione e con la sua vita che il suo Dio è un padre pieno di ogni tenerezza e compassione e misericordia…
Il dialogo di Gesù con Nicodèmo è tra i più belli e più profondi di tutta la Bibbia: troviamo in questa pagina la passione di Dio per l’umanità e la sete di ricerca dell’uomo desideroso di trovare la via della salvezza.
Quando c’è buio attorno a te e senti che qualcosa sta cambiando allora ti metti alla ricerca di Dio. Sai che non puoi fare a meno di Lui e della Sua luce e ti metti sulle Sue tracce. Di notte, non solo per paura del giudizio degli altri, ma perché cerchi la Luce.
Nicodèmo quando gli dice: «Maestro, nessuno può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui» (Gv 3,2), attesta che Gesù viene da Dio perché sono le opere a confermarlo. Ma Gesù va oltre: «se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio» (Gv 3,3).
Vede la presenza di Dio nella propria vita, nella storia e nella Chiesa, solo chi rinasce dall’alto!
La conoscenza di Dio è un dono dato dall’alto; infatti, questo dono viene dato al credente mediante la fede in Cristo Gesù, Figlio di Dio.
Si diventa una sola cosa con Dio se si apre il cuore all’azione dello Spirito, alla sua forza, solo se si è capaci di invertire la rotta e vivere come Lui.
Essere risorti con Cristo significa cercare le «cose» di lassù, quindi se ci leghiamo alle cose terrene non siamo persone risorte: se non siamo disposti a rinunciare al maligno, non saremmo capaci di seguire Gesù. Lui e il mondo sono diametralmente opposti, come anche il loro fine, nell’uno c’è la piena insoddisfazione, mentre nell’Altro, la piena realizzazione umana e spirituale.
Carissimi fratelli e sorelle, carissimi confratelli, il vangelo di oggi, «ottavo giorno» dopo la Pasqua, Domenica della Divina Misericordia, festa istituita da San Giovanni Paolo II, per volere del Buon Gesù così come ci racconta Santa Faustina Kowalska nel suo Diario, la pagina di Giovanni ci presenta due manifestazioni del Risorto, la prima avvenuta la sera dello stesso giorno della scoperta del sepolcro vuoto, l’altra avvenuta otto giorni dopo.
1.La paura degli apostoli I santi vangeli ci raccontano delle ore drammatiche vissute da Gesù al Getsemani, dove tutti i discepoli fuggirono stravolti e pieni di paura: temevano di essere coinvolti in quel processo che avrebbe portato Gesù alla condanna e alla morte. Secondo il Vangelo di Giovanni, solamente Pietro e un altro discepolo cercavano di capire, da lontano, cosa stesse accadendo, a tal punto che si spinsero fino alla casa del sommo sacerdote (cfr. Gv 18,15). Pietro, spaventato per essere stato riconosciuto, si comporta da vile codardo e vile traditore (cfr. Gv 18,16-18.25-27). Rinnega il Maestro. In quella circostanza forse noi avremo fatto la stessa cosa. E oggi Cristo viene ancora tradito e rinnegato!…