Archivi della categoria: Omelia

“In cammino con Maria”
Omelia nella festa di Santa Maria Odigitria. Delia, chiesa S. Maria d'Itria,
30-05-2023
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Ringraziamo la Vergine Maria, venerata in questa Chiesa con il titolo di Odigitria, Santa Maria del cammino. Lei ci indica il Figlio suo come meta del nostro pellegrinaggio sulla terra. Alla sua maternità divina affidiamo la vita delle nostre comunità cristiane, perché si rafforzi la comunione in Cristo e il senso di partecipazione alla sua missione redentrice. Contempliamo in Maria la primizia della redenzione e il compimento delle promesse fatte dai Dio ai santi padri: il suo sì incondizionato al Signore fortifichi ogni nostro passo e ogni nostra decisione sia valutata alla luce del volere del Signore..

«LA FORZA DEL VERO MARTIRIO»
Omelia nella Santa Messa in occasione della Festa di San Sebastiano martire Chiesa Madre – Avola
14-05-2023
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«Se mi amate osserverete i miei comandamenti» (Gv 14,15). Con queste parole che Cristo rivolge ai suoi discepoli e oggi a noi, desidero salutare tutti voi carissimi fratelli e sorelle, carissimo Parroco don Rosario, signor Sindaco e autorità civili e militari presenti; saluto voi che celebrate la festa di San Sebastiano con devozione e amore, in questo meraviglioso tempio della Chiesa Madre di Avola, casa del Signore, luogo di preghiera e spazio amorevole di vera fraternità.
Il nostro Maestro pone la scelta dell’amore come presupposto necessario per poter osservare i comandamenti. Gesù non detta delle regole ma chiede, con rispetto e pazienza, che se apriamo il nostro cuore a Lui possiamo accogliere i suoi insegnamenti e osservarli.

«LA MISTICA DEL BUON PASTORE»
Omelia nella Santa Messa in occasione della Festa di San Cataldo Chiesa Madre – San Cataldo
10-05-2023
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Come amati e diletti discepoli del Signore ci ritroviamo in questa augustissima Chiesa Madre a celebrare il mistero di Dio che visita il Suo popolo, il Suo amato gregge mentre onoriamo il Patrono San Cataldo, maestro della fede, missionario infaticabile della Parola di Dio, padre e fratello dei poveri, degli indifesi e dei cercatori di Dio.
Custoditi e sostenuti dalla Parola del Signore che si rivela a noi come il Buon Pastore che conosce le sue pecore e se ne prende cura, ci rallegriamo per la Sua benevolenza e la Sua Misericordia.
In questo tempo di grande smarrimento e di innumerevoli, e a volte, invisibili fragilità, disorientati dalle continue false promesse fatte a basso costo dai figli delle tenebre, risulta fondamentale, come ci invita la liturgia, a volgere lo sguardo a Cristo Buon Pastore.
Nell’Antico Testamento il titolo di Pastore spetta a Dio, guida di Israele. Così recita il Salmo 23: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce». Quella del Pastore è sempre stata, nell’Antico Testamento (Nm 27,15-17; Ger 23,3-4; Ez 34), un’immagine straordinaria per narrare la relazione e l’incontro tra il Signore e il popolo di Israele.
Dio è il Pastore, ma affinché questa sua qualità sia riconosciuta dai credenti, Egli invia al suo gregge dei pastori, scelti «perché la comunità del Signore non sia un gregge senza pastore» (Nm 27,17).
Lui è il Buon Pastore e si prende cura di tutti i suoi figli con premuroso amore, pronto a dare la vita in maniera disinteressata. Senza tornaconto perché la custodia del Buon Pastore è fondata sul rapporto di «conoscenza» e, dunque, di «amore».
Un amore che è paragonabile solo alla relazione di amore tra il padre e i suoi figli al punto che Gesù stesso sente il bisogno di richiamarsi, per confronto, al medesimo rapporto di «conoscenza e amore» che intercorre tra Lui e il Padre: «come il padre conosce me e io conosco il Padre» (v.15).
Come un vero padre, il Pastore dà la vita per le sue pecore e andrà a cercarle anche se dovessero smarrirsi. Anzi, proprio in questo caso, maggiore sarà la cura del pastore, pronto a lasciare le restanti novantanove per mettersi sulle tracce dell’unica perduta e sarà grande la sua gioia se riuscirà a ritrovarla (Mt 18,12-14) perché la volontà del Padre è che nessuno si perda.
È proprio l’amore e la cura a fare la netta differenza tra il Pastore Buono e il Mercenario che non esita a lasciare le pecore in preda e in pasto ai lupi perché non ha a cuore la loro vita. Il Mercenario non ha infatti alcuna relazione personale con le pecore a differenza del Pastore Buono che le conosce in profondità al punto da chiamarle «una per una» (Gv 10,3).
Molto probabilmente la proposta di «essere pecore» dietro ad un Gesù Pastore non è un’icona vincente rispetto alla ferocia del lupo che ha la meglio sul gregge – e quanti lupi in giro sulle strade di ogni giorno – ma rimane il fatto che la chiamata del discepolo di Cristo è ad essere espressamente «agnello» e non certo lupo, «agnelli inviati in mezzo ai lupi» (Lc 10,3).
Anche se dovesse attraversare la «valle oscura» della croce, il cristiano ha la consapevolezza che dietro a Gesù nulla potrà danneggiarlo, nulla potrà rapirlo dalla Sua mano perché «né morte né vita, né angeli né principati, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,39).
Per Dio noi siamo unici, irripetibili, siamo figli. Siamo un pezzo del Suo Cuore. E per tutti noi ha perso la testa amandoci così come siamo. E Gesù ha un compito preciso: chiamando le pecore per nome, le fa «uscire», fa compiere loro un esodo dal recinto ai pascoli aperti, alla libertà. In queste poche parole riportate da Giovanni è delineato tutto il cammino del discepolo, pecora del gregge di Gesù: deve ascoltare la voce del pastore, deve riconoscerla come parola per sé, deve dunque conoscere il pastore e, quindi, seguirlo con fedeltà, in vista di una «vita in abbondanza».
«Io sono il pastore bello e buono, che depone la propria vita per le pecore» (Gv 10,11). La manifestazione della venuta «pastorale» di Gesù non consiste nelle idee, nella dottrina, nel solo insegnamento, ma nel deporre e spendere la vita per le pecore. Sta proprio qui il segreto del nostro essere discepoli, veri cristiani, testimoni credibili. Il mondo, oggi, ha bisogno di questo: di testimoni che sappiano stare sulle strade del mondo con il vangelo di Cristo nel cuore.
Se Dio era cantato nel salmo quale Pastore del credente al quale nulla manca (cfr. Sal 23,1), Gesù è disposto a dare la sua vita per le pecore. E se nei vangeli sinottici il pastore della parabola era pieno di amore, fino ad andare a cercare la pecora smarrita per riportarla a casa (cfr. Mt 18,12-14; Lc 15,4-7), qui il pastore dà la sua vita sia per la pecora smarrita sia per quella che rimane nel recinto.
Viene così individuato il rapporto tra il pastore e le pecore: una conoscenza reciproca che diventa amore, una conoscenza attraverso la quale il pastore conosce le pecore in profondità e le pecore giungono a riconoscere il pastore come colui che ha cura di loro perché le ama. Esperienza indicibile e autentica, nella quale si ascolta la voce del Cristo, si giunge a discernere la Sua presenza, ma soprattutto ci si sente amati, compresi, perdonati da un amore che è sempre anche e soprattutto misericordia.
Le nostre comunità tornino a mettere Dio al centro, quel Dio che chiede tutto e, in cambio, offre la vita in pienezza. Quella vita che sgorga dalla Sua compagnia che mai viene meno, dalla forza umile della croce del Suo Figlio, dalla sicurezza serena dell’amore vittorioso che ci abita.
La fede viene dall’an¬nuncio: ma per annunciare bisogna aver ascoltato, essere diventati intimi della Parola che si predica. E solo la vicinanza con Dio ci permetterà di essere davvero annunciatori del dono di Cristo per la sal¬vezza di tutti. Con lo stile della misericordia.
Afferma Papa Francesco: «La misericordia di Dio trasforma il cuore dell’uomo e gli fa sperimentare un amore fedele e così lo rende a sua volta capace di misericordia. È un miracolo sempre nuovo che la misericordia divina si possa irradiare nella vita di ciascuno di noi, motivandoci all’amore del prossimo e animando quelle che la tradizione della Chiesa chiama le opere di misericordia corporale e spirituale. Esse ci ricordano che la nostra fede si traduce in atti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito e sui quali saremo giudicati: nutrirlo, visitarlo, confortarlo, educarlo».

In Gesù, Buon Pastore abbiamo il tratto di un Dio ospitale, che apre le braccia ai peccatori e agli smarriti di cuore, condivide il passo con le fragilità dell’umanità, si lascia toccare e ferire fino alla discesa nella morte di croce. Questo Volto e Corpo del Cristo, testimoniatoci ampiamente dai vangeli, ci indica la paternità amorevole di Dio che si fa carne in Maria e nella Chiesa, luogo e spazio dell’accoglienza senza frontiere per l’umanità; un Dio che annulla le barriere e mostra l’amabilità di un tratto accogliente, aperto e ospitale. Questo modo di essere di Gesù è anche il fondamento dell’essere e della prassi dei suoi discepoli radunati dallo Spirito nella Chiesa. Non ci potrà essere nuova evangelizzazione senza che la Chiesa stessa si adoperi affinchè vengano abbattuti alcuni pregiudizi che la dipingono come uno «spazio chiuso».

Bisogna ritrovare il gusto e l’entusiasmo di vivere una nuova tappa evangelizzatrice. Ci si augura che possa davvero germogliare in tutte le comunità una nuova passione per il Vangelo e un rinnovato amore per coloro che vivono nelle periferie esistenziali e di povertà in cui oggi è impellente davvero una parola di risurrezione.

Servono comunità non lontane dalla creatività e l’immaginazione, che vivano intensamente la mistica della fraternità, che custodiscano la prossimità con i poveri e che sappiano, quando è il caso, anche dare fastidio. Servono parrocchie abitate da credenti «feriti» dallo sguardo d’amore di Gesù.

Emerge il desiderio di vivere un’esperienza ecclesiale più ricca e più aperta a tutte le fasce d’età e recuperare una dimensione essenziale del discepolato cristiano che è quella della festa perché la fede si trasmette per attrazione, per contagio e per riflesso. Il prendersi cura degli altri fa crescere in umanità e richiede un grande senso di responsabilità, di corresponsabilità, di dedizione, di generosità, di amore. Il prendersi cura ci ricorda lo sguardo di compassione di Gesù verso ogni categoria di bisognosi. Il prendersi cura ricorda, a tutti e a ciascuno, come la comunità cristiana è nel mondo come segno e strumento della vera salvezza.
La storia della nostra amata chiesa nissena racconta che 30 anni fa proprio come oggi il Successore di Pietro nella persona di San Giovanni Paolo II visitava la nostra bellissima e tormentata terra. La sera del 9 maggio, in viale Regina Margherita, dinanzi al nostro amatissimo Seminario la sua parola ci incoraggiava a prendere il largo: «Carissimi fratelli e sorelle, vengo a voi nel nome del Risorto, vengo come pellegrino di speranza e di fraternità. So di trovare in questa terra numerose energie e grande disponibilità, ma anche tanti problemi e comprensibili motivi di preoccupazione. A tutti e a ciascuno, cittadini di Caltanissetta e dell’intera regione, ripeto l’esortazione di Cristo: “Non temete!” (Mt 28, 10). Nell’ora travagliata che la società sta vivendo, la parola del Signore ridesta la fiducia ed infonde il coraggio necessario per costruire coraggiosamente un mondo nuovo. Sul monte che sovrasta questa bella Città, svetta il Monumento a Cristo Redentore, eretto all’inizio del nostro secolo. Gesù leva il braccio benedicente sull’Isola e mostra la croce, segno di salvezza e di redenzione. Caltanissetta! Posta nel cuore della Sicilia, tu sei crocevia di strade che hanno scandito il cammino della civiltà sicula: sii ancora oggi all’altezza di questa tua vocazione; riscopri la fede dei tuoi padri, crescendo senza tentennamenti nella fedele e docile attuazione dei valori della civile convivenza. Sii luogo di accoglienza e di incontro. Chiesa di Caltanissetta! Alle soglie del terzo Millennio, a te, come un tempo a tutti i suoi discepoli, Cristo ripete le parole del mandato missionario: “Andate e annunziate” (Mt 28, 10). Va’ e annunzia, Chiesa di Caltanissetta. Vivi la tua fede nella sua interezza, trasmettila con coraggio, accendi nei cuori l’ardore apostolico, testimonia la carità. Soprattutto fa’ in modo che tutti possano sperimentare la tenerezza dell’amore di Dio».
A distanza di tanto tempo, possiamo attestare che quella parola nelle nostre comunità ha preso vita, si è fatta carne come vangelo di misericordia nell’apostolato di molti confratelli sacerdoti e nella bella testimonianza di fedeli laici che nei nostri comuni hanno testimoniato e testimoniano nella fede semplice, l’adesione a Cristo e al Suo Vangelo.

Pregate per me, perché possa seguire il Signore nella santità di vita. Con voi e per intercessione di San Cataldo e, permettetemi, di San Corrado dico grazie al Signore che mi ha chiamato ad essere Successore degli Apostoli, a guidare, amare e servire la Sua Chiesa che vive a Noto, Modica, Ispica, Scicli, Pozzallo, Avola, Rosolini, Pachino e Portopalo: il Val di Noto. Come Successore degli apostoli, chiedo la vostra preghiera e benedizione per essere servo di tutti, ministro di comunione, santità e misericordia!

«L’ANTICA E NUOVA VIA»
Omelia nella Santa Messa della Prima Visita Pastorale a Ispica
03-05-2023
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Carissimi fratelli e sorelle,
oggi, la Chiesa, celebra la festa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo e, celebrare la solennità di due apostoli ci permette di tornare alle radici della fede, di fissare lo sguardo sulla concretezza evangelica della fede. E come Chiesa in cammino siamo chiamati a tornare alle sorgenti della grazia, a contemplare ciò che ci rende umanità trasfigurata.
Il Vangelo odierno, ci conduce nel mezzo del discorso di addio di Gesù ai discepoli, prima di essere innalzato nella Sua morte in croce ed esaltato con la Sua resurrezione…

«PASTORE SECONDO IL CUORE DI DIO»
Omelia nella Santa Messa in occasione della Visita a Delia
30-04-2023
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Come discepoli del Signore ci ritroviamo nella nostra Chiesa Madre a celebrare il mistero di Dio, Buon Pastore che visita il Suo popolo, il Suo gregge. E qui, dove il 5 giugno 1966 sono diventato cristiano, con voi dico grazie al Signore che mi ha chiamato ad essere Successore degli apostoli, a guidare, amare e servire la Sua Chiesa che vive a Noto.
Al tempo di Gesù i pastori erano presenti ovunque in Palestina e li si incontrava nelle campagne e nelle città, nelle pianure e sui monti. Ovunque. A Betlemme, in quel primo Santo Natale della storia, furono i primi ad accorrere, i primi a prestare soccorso a quella giovane coppia che, tra mille difficoltà e tanta indifferenza, stava per presentare al mondo l’Autore della vita, il Bambinello Gesù.
Nella Bibbia la figura del pastore è molto presente. Un’immagine ordinaria e feriale. Dio, il Signore, è chiamato e riconosciuto come «Pastore d’Israele» (Sal 80,2), il suo popolo è detto «suo gregge» (cfr. Sal 78,52; 95,7; 100,3), e le pecore sono la sua proprietà…

«FAME E SETE DI DIO»
Omelia nella Santa Messa della Prima Visita Pastorale a Portopalo di Capo Passero
26-04-2023
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Carissimi fratelli e sorelle,
siamo stravolti forse dal pensiero che Dio possa essere lontano dalle nostre sofferenze e dalle nostre richieste. Che a Dio non interessi la nostra povera giornata. Ancora di più, troppo spesso ci rifiutiamo di credere all’amore misericordioso e premuroso che Dio ha per ciascuno di noi. Nascondendosi nell’Eucaristia, Dio dimostra l’incredibile distanza che è disposto a percorrere per soddisfare la nostra sete e la nostra fame. Si fa piccolo, infinitamente piccolo per renderci grandi, figli, per farci simili a Lui.
Cosa cerchiamo, chi cerchiamo, dove andiamo? Di cosa abbiamo fame? Chiediamoci se abbiamo fame di vita eterna.  La fame e la sete non sono altro che un pallido riflesso di un profondo desiderio che ogni uomo ha davanti alla vita divina che solamente Cristo può offrirci. «Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 6,40). E cosa dobbiamo fare per ottenere questa vita eterna cosi desiderata? Forse un atto eroico? No! Un qualcosa di molto più semplice, per cui Gesù ci dice: «colui che viene a me, io non lo respingerò» (Gv 6,37). Noi solamente dobbiamo accorrere a Lui, andare al Suo incontro…

«UN PANE CHE RIMANE PER SEMPRE»
Omelia nella Santa Messa della Prima Visita Pastorale a Pachino
24-04-2023
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Carissimi fratelli e sorelle,
siamo sempre alla ricerca di qualcosa che ci soddisfi, che dia un senso alla nostra vita e al nostro camminare su questa terra. Camminiamo alla ricerca di segni che possano riempire di significati veri la nostra povera e fragile esistenza. Come l’antica folla ci accontentiamo di mangiare il pane senza andare oltre, senza ricorrere a quel Pane che rimane per sempre, che dura per la vita eterna.
Con il brano evangelico appena proclamato ha inizio la spiegazione dell’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Subito dopo il miracolo, Gesù e le folle prendono le distanze: il Maestro considerava gli uomini già pronti a capire il mistero del Regno di Dio, la folla, invece, aveva un solo obiettivo: voleva soltanto proclamarlo re. La folla lo vedeva come uno che avrebbe sconfitto i governanti e avrebbe portato benefici e libertà…

«CINQUE PANI E DUE PESCI»
Omelia nella Santa Messa della Prima Visita Pastorale a Rosolini
21-04-2023
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Carissimi fratelli e sorelle,
Gesù è il pane di vita eterna, il pane vivo disceso dal Cielo, il pane offerto a chi Lo riconosce Signore e Dio. Questo è il mistero che celebriamo in ogni Eucarestia. In ogni altare del mondo!
Il Vangelo di oggi ci presenta uno degli eventi più noti della vita di Gesù: la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Un miracolo che è rimasto impresso con grande forza nella memoria e nel cuore dei discepoli e delle folle. Esso, infatti, viene riportato in tutti i Vangeli.
Di fronte alla moltitudine che lo segue per il Suo insegnamento e per le guarigioni che compie, affascinati dalla Sua Persona, Gesù alza lo sguardo, è attento alla loro fame materiale e spirituale. 
La compassione e l’attenzione che Egli pone su quella gente, ci rivelano la premura generosa di Dio. L’evangelista Giovanni, in apertura del brano che abbiamo ascoltato, dice che la folla seguiva il Maestro perché vedeva i segni che Lui faceva sugli ammalati…

«ARIA DI PARADISO»
Omelia nella Santa Messa della Prima Visita Pastorale a Scicli
20-04-2023
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«Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti, ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra» (Gv 3,31). In queste parole troviamo la solenne conclusione del dialogo amichevole e intenso tra Gesù e Nicodemo che la liturgia ci ha proposto in questi giorni.

Fin dalle prime parole Gesù invita il capo dei farisei ad alzare lo sguardo, a contemplare le cose del cielo: chi non rinasce dall’alto non può capire le Sue Parole né può entrare nel Regno che Dio vuole attuare.

Il vangelo ci dice chi non accoglie in semplicità lo Spirito di Dio non può riconoscere Gesù come Colui che discende dal Cielo, è lo Spirito che ci fa conoscere Gesù, il testimone fedele di Dio. Gesù vive nella carne, entra nella storia del mondo, nella storia di tutti noi, storia fatta di gioie e di dolori e diventa uno di noi in tutto tranne che nel peccato, ma non appartiene alla terra, né viene dalla terra: è un frammento di Cielo donato all’umanità, Lui ha portato sulla terra l’aria del Paradiso. Lui, il cuore del Paradiso che dà vita ad un’umanità ferita dal peccato…